LO SVILUPPO SENSO-PERCETTIVO E LA DISREGOLAZIONE EMOTIVA NELLA SINDROME AUTISTICA. Lo sviluppo senso-percettivo dei soggetti autistici rappresenta una delle aree di maggiore interesse clinico, in quanto la disregolazione di questo processo, quale caratteristica evidente della patologia, condiziona in modo particolare l’espressione dell’intersoggettività di chi ne è affetto. Questo avviene perché, in primis, i processi cognitivi sottostanti alla percezione delle sensazioni incidono inevitabilmente sullo sviluppo delle diverse competenze relazionali e intersoggettive legate alla personalità. La disregolazione nei soggetti autistici, così come la regolazione emotiva nella condizione di sviluppo tipico, può essere vista come un adattamento funzionale all’ambiente. Questo significa che buona parte dei deficit neurocognitivi e comportamentali associati al disturbo autistico può essere spiegata da un’alterazione nella regolazione senso-percettiva degli stimoli ambientali che di norma permettono la relazione dell’individuo con il suo ambiente, quindi il contatto con la realtà e con tutto ciò che lo circonda. Le variabili di tipo cognitivo, ma anche di tipo fisiologico, emotivo, ambientale e relazionale, genetico e neurotrasmettitoriale che vi sono implicati possono incidere positivamente o negativamente sulla plasticità neurale. In tal senso, gli sviluppi delle neuroscienze si configurano nell’intervento dell’autismo in una visione multidimensionale che valuta le numerose variabili che entrano in gioco nella produzione della risposta comportamentale, poiché aspetti cognitivi, emotivi, fisiologici, relazionali e psicologici sono tra loro intrecciati e inscindibili. La creazione di interconnessioni cerebrali deficitarie nell’architettura cognitiva implicata nella percezione senso-percettiva dei soggetti autistici potrebbe spiegare molti aspetti disfunzionali legati alla modalità di relazione con l’ambiente esterno, caratterizzate da una mancanza di empatia e di condivisione per cui anche la regolazione emotiva ne risulta condizionata a livello di intensità e l’espressione fenomenologica che ne deriva non risulta pertanto adeguata e contestuale. Quello che viene rilevato da molti studi è che nei soggetti autistici, a causa di una scarsa gestione dell’arousal fisiologico, il processo di rivalutazione cognitiva detto reappraisal, che normalmente si attiva come conseguenza della percezione degli stimoli, non consente una modulazione delle risposte fisiologiche e comportamentali efficace e funzionale, per cui il soggetto autistico ne viene sopraffatto, manifestando ipersensibilità o, al contrario, iposensibilità. È chiaro come le ripercussioni, coinvolgendo aspetti cognitivi, emotivi, fisiologici e comportamentali vadano ad interessare la sfera dell’intersoggettività e le modalità di comunicazione. In questa prospettiva, nuove frontiere nel campo dell’intelligenza artificiale sembrano offrire un valido supporto terapeutico ai vari modelli di intervento nella condizione autistica, come le metodiche di tipo informatico che consentono un continuo rinforzo degli obiettivi terapeutici conseguiti in presenza con l’educatore o lo psicologo, grazie all’automonitoraggio a distanza effettuato dallo stesso soggetto che viene supportato, ove necessario, dai care-giver dello stesso assistito. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale può essere vista come una risorsa preziosa per il trattamento dell’autismo: esso si focalizza in particolare sulle risorse cognitive del soggetto, capaci di mediare l’espressione di risposte comportamentali maggiormente adeguate, in termini di funzionalità ed efficacia, riducendo le distanze relazionali tra il bambino autistico e la sua rete sociale di appartenenza. Per questo motivo è opportuno che i diversi modelli di intervento nella sindrome autistica lavorino in sinergia per offrire un approccio che sia il più possibile integrato, grazie anche al supporto fornito dai nuovi orizzonti terapeutici rappresentati dall’utilizzo degli ausili tecnologici nella disabilità cognitiva in generale.