ANSIA E DEPRESSIONE TRA NEUROSCIENZE E PSICOLOGIA: LA REGOLAZIONE EMOTIVA DISFUNZIONALE. Come ci testimonia Bowlby nei suoi studi sui bambini istituzionalizzati, le esperienze relazionali importanti dal punto di vista affettivo emozionale, ancora di più se ci si riferisce a quelle stabilite durante i primi anni di vita con le figure di accudimento, sono capaci di lasciare nel sé del bambino una traccia mnestica emozionale che nel tempo costituirà la sua “base sicura”. La vita affettiva condiziona inevitabilmente lo sviluppo della personalità, in senso positivo se le esperienze emozionali risultano gratificanti, che in senso negativo qualora queste sono frustranti e tali da avere un impatto spiacevole sullo sviluppo del sé del bambino e capace di evocare chiusura emozionale e relazionale. L’impedimento a esperire relazioni sociali gratificanti cioè capaci di evocare emozioni piacevoli, o l’inibizione a esprimerle, può, insieme ad altri fattori, essere all’origine di una disregolazione emotiva e configurarsi come una con-causa all’origine dello sviluppo di stati d’ansia, disturbi distimici, alterazione dell’umore e della psicopatologia di tipo depressivo. Secondo una visione psicologica, la violazione di questo bisogno di gratificazione emozionale, insìto in ogni essere umano, evoca disarmonia nelle parti del sé del bambino, fungendo da fattore predisponente alla nascita della psicopatologia, o comunque alla base di una serie di sintomi caratteristici dell’ansia e dei disturbi dell’umore. In particolare, nel cado della depressione le conseguenze psicosomatiche direttamente e fenomenologicamente osservabili possono essere caratterizzate da una crescente ritiro o distacco da una realtà o mondo sociale percepito come fonte eccessiva di stress, difficoltà mnestiche, rallentamento psicomotorio e del pensiero, riduzione dell’attenzione e dell’orientamento rispetto alle stimolazioni, riduzione della capacità esplorativa e della motivazione, quindi degli interessi, e infine predisposizione ad ammalarsi più frequentemente rispetto a buone condizioni di benessere psicoemotivo. Da un punto di vista psicologico, si manifestano difficoltà nel manifestare i propri bisogni, percezione di inadeguatezza, sia sociale che emotiva, caratterizzata da distacco, rigidità ed eccessivo autocontrollo emotivo, o ruminazione intesa come tratto ossessivo-compulsivo. Quindi, se queste prime esperienze relazionali non positive possono potenzialmente incidere negativamente sulla personalità e sul suo sviluppo, è anche vero che esse sono in grado di condizionare l’espressione genica, il funzionamento dei neuroni e dei loro neurotrasmettitori, nonché il funzionamento delle aree cerebrali in individui potenzialmente più “deboli” e quindi più facilmente predisposti a manifestare disturbi organici e psichici. La personalità non è solo espressione di parti psichiche interagenti tra loro e con l’ambiente circostante, ma anche del funzionamento cerebrale del SNC. A suo tempo, Freud asseriva che tutto ciò che potesse riguardare lo studio della psicopatologia, un giorno avrebbe trovato, ed essere suffragato, da una spiegazione appartenente all’ambito della neurofisiologia cerebrale e, quindi, avere un suo substrato neurale. Non si sbagliava. Gli studi in neuroscienze dimostrano, infatti, che aspetti psicologici e fattori biologici, ormonali e neurologici si intrecciano e si condizionano reciprocamente e inevitabilmente, per cui la comprensione della regolazione emotiva nei disturbi d’ansia e dell’umore, in particolare nelle forme della psicopatologia depressiva, passa attraverso l’intreccio tra fattori cognitivi, emotivi e fisiologici e comportamentali che incidono sull’espressività delle connessioni sinaptiche a livello celebrale. Ciò condiziona anche la regolazione emotiva, quel processo implicato nell’espressione tanto delle emozioni positive quanto di quelle negative esperite nelle relazioni e che permettono un adattamento all’ambiente quanto più adeguato possibile, che sia esso affettivo, sociale o lavorativo. Pertanto risulta fondamentale in condizione di disagio intervenire quanto più precocemente ed in modo efficace per ripristinare a livello fisiologico un livello di arousal accettabile attraverso un percorso anche psicoterapico per permettere un adeguato contatto con le gestalt che emergono dalla propria narrazione. In tal modo, queste non vengono più percepite dall’individuo come minacciose e possono essere integrate in modo naturale e armonico nella propria personalità, diventando parte della propria narrazione.